Anch’io come tanti sento un profondo disagio per questa ennesima chiamata
alla conta. Questo sarebbe stato invece il momento di una fase di discussione,
non su nomi, ma sull’identità di questo partito: una fase di
“commissariamento” con Franceschini garante e poi, dopo le regionali,
elezione del segretario che meglio poteva guidare il partito nella realizzazione
del mandato congressuale, della linea nata dal basso.
Capisco che questo attiene a una visione che rovescia l’impianto leaderistico
che questo partito si è dato con Veltroni, “un uomo solo al comando”
che detta la linea in diretta tv….
Vivo , pertanto, con preoccupazione questa ennesima divisione, dettata più
che altro da riposizionamenti interni, come un ulteriore “cupio dissolvi”.
Questo partito sembra aver trasferito al suo interno quei paradigmi della
competizione globale che ci rende tutti più soli, con contrapposizioni
spesso pretestuose (nuovismo/continuismo, quarantenni/senatori, nord/sud,
donne/uomini, giovani/vecchi…)
Ma siamo chiamati a scegliere. E la mia scelta è stata indotta da valutazioni
politiche di cui certo tutti portano responsabilità, anch’io
che sono fra i fondatori , ma credo le mie minori rispetto a chi ha rappresentato
la maggioranza.
4 milioni di elettori hanno voltato le spalle al nostro progetto: perdere
10 mila voti al giorno è un’enormità per chi sa quanto
sia difficile conquistare un solo voto.
Le cause vanno cercate:
Nel fallimento della vocazione maggioritaria, cui riconosco comunque il merito
di aver semplificato il quadro politico italiano; ma il bipartitismo non appartiene
alla nostra tradizione; va costruito un bipolarismo maturo con alleanze costruite
attorno a un progetto che veda comunque nel PD il perno centrale: essere gruppo
dirigente significa avere capacità di tessitura politica.
Nel leaderismo mediatico di alcuni nostri dirigenti, asimmetrico rispetto
alla potenza di fuoco schierata dal nostro avversario e, pertanto, condannati
alla sconfitta .
Nella mancata costruzione identitaria, per evitare il nodo del confronto fra
le diverse sensibilità politiche e la ricerca di una difficile, ma
improcrastinabile sintesi: non mi scandalizza il fatto che sensibilità
diverse decidano di sedersi a un tavolo spinti dal sentimento del bene comune.
Il popolo italiano ha dato il meglio di sé tutte le volte che è
stato costretto a fare sintesi (resistenza antifascista, Carta Costituzionale,
ricostruzione, lotta al terrorismo….)
Nel mancato coinvolgimento degli 820 mila iscritti e dei numerosi simpatizzanti,
in parte delusi dal partito liquido dei gazebo elettorali: essere gruppo dirigente
significa vedere ogni militante come risorsa.
Nell’aver dato nomi nuovi a strutture vecchie, deludendo la voglia di
rinnovamento di tanti nostri sostenitori
Nell’aver continuato nella pratica della cooptazione e nella concentrazione
degli incarichi, facendo scoprire agli elettori delle primarie del 14 ottobre
un gruppo dirigente poco somigliante a quello eletto nelle primarie fondative,
ma sovrapponibile alla somma degli ex notabili Ds e Margherita.
Nella mozione Franceschini e ancor più nella proposta in Liguria (…..)
di Cofferati vedo reiterati molti degli errori sopra denunciati, pur garantendo
leale sostegno a chiunque sarà il vincitore.