Trattare il tema della scuola significa affrontare trasversalmente tutte
le questioni fondamentali di una società:
lo sviluppo economico,
il livello di civiltà
Nella scuola si sono concentrate tutte le contraddizioni di una crescita senza
sviluppo civile, pur con punte di eccellenza, ma con vaste aree di arretratezza
e di insufficienza.
Questo governo sta intervenendo ideologicamente con la mannaia dei tagli indiscriminati,
senza considerare ciò che andava salvaguardato da ciò che doveva
essere riformato, avallando riferimenti passatisti e contraddittori (come
nella legge 169/08) alcuni simbolici (il grembiulino) altri di merito (il
maestro unico, il voto di condotta) e confondendo il desiderio diffuso di
più autorevolezza con progetti autoritari.
Negli anni ‘70/’80 erano stati finalmente riconosciuti i diritti
già sanciti dalla Costituzione di una scuola capace di rimuovere gli
ostacoli che impediscono la piena partecipazione di tutti. Ma le riforme attuate
hanno garantito l’accesso, non il successo e la scuola ha mancato l’attesa
delle classi più svantaggiate di rappresentare “l’ascensore
sociale” capace di offrire una chance ad ogni meritevole.
Il successo scolastico ha continuato a premiare le classi privilegiate, senza
modificare, se non in parte, il profilo d’ingresso. Non sempre è
stato recepito il cambiamento di una scuola trasformata da scuola di èlite
a scuola di massa e non sempre gli insegnanti sono stati preparati al nuovo
compito, né con la formazione, né con il reclutamento , né
con l’aggiornamento. Per pigrizia o perché i ministri della pubblica
istruzione avvicendati in questi anni non hanno fatto altro che rispondere
ad una spinta auto conservativa, negando investimenti ad un settore i cui
risultati avrebbero pagato troppo avanti nel futuro rispetto all’immediata
convenienza del consenso elettorale.
Ma questo è uno spreco che non ci possiamo permettere, se abbiamo l’ambizione
di rimanere fra le nazioni più sviluppate. Oggi l’euro non ci
permette più di vincere nella competizione globale con le svalutazioni
ricorrenti , né possiamo pensare di continuare a vincere con la concorrenza
sleale del lavoro nero e dell’economia sommersa o peggio criminale….
Attestandosi su posizioni di bassa classifica nella scala delle nazioni più
scolarizzate (nella popolazione tra i 25 e 64 anni, solo il 42% ha il diploma
di scuola media superiore; la media europea è del 59% e Francia ed
Inghilterra hanno il 62%; nell’intera popolazione italiana, solo il
9% ha una laurea; la media europea è del 21%), il nostro paese si candida
ad un lento, ma inesorabile declino.
Le riforme di cui ha bisogno la scuola sono quelle che coincidono con la declinazione
del tema della responsabilità per ciascuno degli attori dell’azione
educativa: Governo, Famiglia, Dirigenti, Operatori della scuola.
Il Governo, la famiglia, le imprese affidano alla scuola compiti nuovi, (educazione
stradale, sanitaria, sessuale, sicurezza sul lavoro, prevenzione delle tossicodipendenze,
inserimento dei migranti, ecc…) , allargando ogni giorno i compiti e
le responsabilità della scuola, ma restringendo contemporaneamente
le risorse, il tempo scuola, gli strumenti operativi.
Gli insegnanti e i formatori devono essi stessi trovare gli strumenti di autovalutazione,
senza aspettare il Ministro “Burletta” a caccia di fannulloni,
emarginando quelli che non fanno scandalo solo perché rubano lo stipendio,
ma perché rubano il futuro dei nostri ragazzi.
Gli studenti non vanno valutati rispetto a un modello astratto uguale a dieci;
ma, come ci ha insegnato l’inserimento degli handicappati nella scuola,
cercando il dieci che ciascuno di loro è in grado di esprimere e sforzandoci
di individuare e di far emergere le potenzialità che ogni individuo
possiede. Non si tratta di operare delle selezioni ma di assicurare a tutti
gli alunni il loro diritto alla condizione umana, alla loro umanizzazione,
alla loro autorealizzazione come uomini, come cittadini e come lavoratori.