Questo decennio intenso e tormentato segna due tappe importanti e fondamentali
della vita di Sandro Pertini.
- 5 giugno 1968: elezione a Presidente della Camera
- 9 luglio 1978: elezione a Presidente della Repubblica
Nel discorso di insediamento a Presidente della Camera, Pertini accoglie la
nomina non con orgoglio ma con trepidazione, lui, che pure aveva sempre assunto
con serenità d’animo i grandi impegni di lotta politica, sente
tutta la responsabilità dell’incarico.
Dichiara di voler essere solo primus inter pares e di rivolgersi a tutta l’Assemblea,
maggioranza e opposizione, riconoscendo a quest’ultima il ruolo fondamentale
nella costruzione della democrazia.
La libertà del Parlamento ne è il prerequisito e la corruzione
è nemica della libertà.
L’attaccamento alle istituzioni, l’onestà e la rettitudine
servono per conquistare la fiducia e la stima dei giovani.
Ricorda la condizione dei lavoratori del braccio e della mente e del loro
bisogno di giustizia sociale.
Nella stessa seduta parlamentare di insediamento giunge la notizia dell’uccisione
di Bob Kennedy.
Sandro Pertini esprime la costernazione e il suo turbamento per la tragedia
che colpisce gli Stati Uniti a cinque anni dall’assassinio di Dallas
e a due mesi dall’uccisione di Luther King. Riconosce a Bob Kennedy
grandi meriti nell’impegno per l’integrazione razziale, per le
posizioni terzomondiste e di disimpegno nella guerra del Vietnam.
Ma molte ancora saranno le tragedie di quel decennio indimenticabile che si
concluderà con la barbara uccisione di Aldo Moro per mano delle Brigate
Rosse.
L’elezione di Sandro Pertini a Presidente della Repubblica ha quasi
una funzione risarcitoria. In quest’uomo già anziano, ma fermo
e forte nei modi, dall’aspetto burbero, ma dalla storia limpida e coerente
gli italiani vedono il simbolo e la speranza di riscatto dall’abisso
infernale in cui bande di assassini hanno gettato il Paese.
Il suo primo appello è alla pace nel mondo, contro la fame: Si svuotino
gli arsenali, si colmino i granai.
Forte anche il suo appello all’unità del paese e al superamento
delle ideologie. Lavoro, casa, salute, conoscenza, i fondamenti costituzionali della libertà di ogni
cittadino.
Libertà e giustizia binomio inscindibile: non vi può essere
vera giustizia sociale senza libertà, come non vi può essere
vera libertà senza giustizia sociale.
Questo il monito altissimo gridato a un mondo dilaniato da una guerra fredda
che opponeva una parte del pianeta in cui il concetto di libertà si
sviliva nell’arbitrio e nell’arroganza di pochi privilegiati a
spese dei più deboli e un’altra parte in cui l’idea di
eguaglianza s’incupiva in una cortina di ferro che schiacciava e negava
ogni diritto di cittadinanza.
Dopo aver ricordato la sua Savona, dove si è formata la sua coscienza
di uomo libero e gli esempi luminosi che l’anno rinvigorita: Matteotti,
Amendola, Gobetti, Rosselli, Don Minzoni e l’indimenticabile compagno
di carcere Antonio Gramsci, dichiara di cessare di essere uomo di parte.
Sarà solo il Presidente di tutti gli italiani, fratello a tutti nell’amore
di patria e nell’aspirazione costante alla libertà e alla giustizia.
Angelica Lubrano