Tralascio tutto il negativo di quegli anni per ricordare la luce di fresca
solidarietà che ci univa, di amore dato e ricevuto, legami e impronte
indelebili lasciate ai nostri figli, più importanti di qualsiasi altra
eredità. Si viveva in famiglie allargate, dove c’era spazio vero
per tutti, genitori, suoceri, amici e figli, insieme ai fine settimana, insieme
nei momenti lieti e insieme a soffrire con la forza di una giovinezza già
segnata da autentiche responsabilità, quasi mai scelte, ma sempre accettate
con il sorriso.
Ci facevamo stare tutto. Lavoro, famiglia e riposo a fine settimana, le vacanze
invernali e quelle estive, al campeggio, programmate con entusiasmo durante
le stagioni intermedie.
A casa nostra spostavo anche qualche mobile per ospitare più amici
e si restava in chiacchiera sino a notte fonda., magari piluccando il cappon
magro, bellissimo, a piramide, preparato da me e servito dopo troppe cose,
riesumato con piacere seduti per terra, sui tappeti e sui cuscini come per
un calumet. Dai Bondi si facevano gare di risotto ai funghi, Piemonte, Lombardia
e Toscana in gara.
Dai Ricci, che avevano la casa più grande di tutti ci si riuniva con
il gruppo quasi al completo, compresi quelli che per lavoro si erano trasferiti
fuori Savona. Il tavolo si trasformava a ferro di cavallo e si riusciva a
parlare tutti, anche chi si dava, per forza, la schiena.
Ai primi caldi eravamo tutti ospiti dei Peri, le serate si organizzavano sulla
terrazza fresca come un’oasi nella città. Ravioli con ricotta
e spinaci, e diroccata mantovana.
Spesso si trascorreva il fine settimana a S.Anna, alle spalle di Cairo Montenotte;
una casa accogliente in mezzo ai prati verdi ci consentiva di cantare cori
di montagna mentre i nostri figli andavano per boschi, nei dintorni, in gruppo
serrato anche se di diverse età.
Nessuno avrebbe disturbato quei sacri spazi di recupero di energia con lamentele
o piagnistei, anche se ognuno portava invisibili fardelli che, noti a tutti,
restavano dietro la porta. Si combatteva così, con il sorriso. Senza etichette. La vera lotta
era l’esempio e l’impegno.
La piazza delle mie battaglie sono sempre state le mura di casa, dove ho dimostrato
una cocciuta coerenza e un amore per tutti che adesso mi ritorna, ora che
sono sola nel senso borghese delle parole. Non più scontata nel mio
ruolo di cuoca quasi ufficiale, i vecchi amici mi ritrovano tra poesie, disegni,
ceramiche e pacche sulle spalle tra abbracci un po’ commossi.
Mio marito era orgoglioso di me e delle nostre feste e mia figlia Claudia
scriveva nei temi delle elementari che eravamo felici.
Quando potevo leggevo e rileggevo con piacere libri dove spesso mi pareva
di trovare la risposta alle mie inquietudini, quasi sempre legate alla stanchezza,
al desiderio di giustizia o meglio alla mia idea di giustizia che ancora oggi
mi appare come un’utopia senza sbocchi.
Un’estate, in campeggio, abbiamo legato con un gruppo di giornalisti
del Popolo, di Torino.
Uno di questi aveva con sé la figlia di cinque anni e la gestiva benissimo,
anche se scherzava sull’incarico insolito che la moglie femminista gli
aveva imposto.
Alla sera tutto il gruppo veniva nella nostra roulotte dove esprimevo il mio
senso del femminismo, che avrei preferito senza manifestazioni eclatanti ma
con la solidarietà che ho sempre dimostrato nei confronti delle donne,
allora già meno deboli perché più colte, ma non abbastanza
attente e mature per valutare le conseguenze di alcuni atteggiamenti.
Gli sbocchi sociali, cui si tendeva, i riconoscimenti pretesi, ancora oggi
hanno contorni imprecisi, e sono diversi a seconda della situazione personale
e relativo contesto.
So che, nonostante tutto, continuerò a lottare e ad amare così,
senza etichette, serenamente nascosta agli occhi dei più organizzati.
Nel 1979 moriva, a quarantun’ anni, Renzo Peri, il primo a lasciarci,
troppo presto e troppo in fretta. Questo ha modificato la nostra vita di gruppo,
ma non il nostro spirito solido e battagliero.
Laura Macchia