I POETI DEL MARTEDI'
I Poeti si riunivano il martedì, è risaputo che il Martedì
è il loro giorno. Arrivavano sorridenti o incazzati o anche solamente
curiosi, ma pronti a volare nell’eterno dei versi.
Il Bar-pizzeria-trattoria “Santa Pazienza” li accoglieva col tavolo
o meglio i tavoli già predisposti per thé, caffè e pasticcini
perché l’arte consuma anche e sopratutto il cervello e quindi
ci voleva dello zucchero, molto zucchero....
Le ore in quei pomeriggi non erano eterne come in certe uggiose domeniche
invernali che… se vai al cinema è un’ecatombe, se vai a
ballare, in sala solo vecchi e se vai in centro, per carità c’è
il mondo e il mondo a qualche poeta dà proprio sui nervi.
Qui non c’era bisogno di ricorrere alle quote rosa perchè le
donne surclassavano di gran lunga quegli uomini così coraggiosi da
rinunciare al “calcetto” per sentir recitare e meditare quelle
anime belle.
Unico neo il “fumatore solitario” che, nel bel mezzo di cotanto
fracassamento si alzava enunciando: “ Vado fuori a fumare...”
Beh, almeno usciva ma, i poeti erano in ansia perchè il fumo, come
c’è scritto anche sui pacchetti delle sigarette, uccide.
Tutti gli altri continuavano le letture rimpinguando il loro cuore di nuove
emozioni e a cercare in Pavese, Pascoli, Leopardi, ecc. ecc. fresche visioni
della vita o senili conferme.
Quando “il fumatore” rientrava, portando con sé, suo malgrado,
l’odore del tabacco, cautamente o incautamente, secondo l’umore,
si riannodava a quel gruppo capace di confidare ancora nei sogni perché
come, dice Lorca, “Tutte le cose possiedono il loro mistero e la poesia
è il mistero che possiede tutte le cose.”
VADO FUORI A FUMARE
Erano gli anni “60, quelli mitici e meravigliosi, quelli dell’amore.
La domenica pomeriggio, al cinema, lei ed il fidanzatino , seduti nell’ultima
fila, si scambiavano teneri baci circondati da odore di tabacco. Il fumo nella
sala, a volte priva di aeratore, formava una nebbiolina sottile, un aroma
particolare che Livia chiamava “odore d’uomo”…
Il tempo era volato, le regole s’erano fatte più giuste, garantivano
la salute. Così, nelle anonime multisale, dove gli ultimi posti erano
gli unici a permettere la visione del film che incombeva dallo schermo, non
si poteva più fumare. Adesso l’odore era quello dei pop-corn
che giovani generazioni masticavano in continuazione annaffiando il tutto
con bevande gasate, alla moda.
Livia si guardava intorno smarrita e si sentiva un po’ dinosauro, era
stata per troppo tempo lontana dai cinematografi e il suo olfatto delicato
e forse abituato male, percepiva ora strani effluvi, taluni poco gradevoli
e poi, nessuno, proprio nessuno si scambiava un piccolo e innocente bacetto.
“Vado fuori a fumare...” La voce del marito la colpì come
se, quell’alzarsi e andare via, fosse allontanarsi da lei. Quel piccolo
istante di piacere diventava un gesto scorretto, una cosa inopportuna.
“Vengo anch’io” aveva parlato così, senza neanche
inserire il cervello e, senza indugio, uscì con il suo ragazzo di allora,
quello dei mitici sessanta.
Sulla panchina al sole, lui la fece sedere sottovento, non voleva che il fumo
la infastidisse, non era una consumatrice di sigarette.
Livia ritrovava, seduta su quella panchetta, come per magia, l’odore
d’uomo e la voglia incontrollabile di ricoprire il suo con tenere effusioni.
Il sole era tiepido, la donna chiuse gli occhi appoggiando la testa sulla
spalla di lui, poi un rumore glieli fece spalancare. Un aereo solcava il cielo
lasciando una scia candida ma, a guardar meglio, lassù era tutto un
intreccio bianco che il vento sfrangiava.
Le moto sulla strada sfrecciavano impertinenti, le macchine vomitavano il
loro motore e gli stabilimenti più in fondo, a ovest, eruttavano come
vulcani nel pieno dell’attività.
Livia si mise a osservare la brace sulla punta della sigaretta, quei mozziconi
gettati in terra sull’acciottolato nuovo dai soliti maleducati e pensò
che, giustamente e finalmente, era proibito fumare nei luoghi chiusi.
Era doveroso difendere la salute e anche se quel provvedimento era piccolo,
educava al rispetto per i non fumatori e tutelava in qualche misura anche
il portafoglio costringendo a un risparmio forzato.
Ma, non c’era qualche altra realtà che si sarebbe potuta modificare
per vivere ancora meglio?
Non credeva fosse necessario lasciare ai posteri l’ardua sentenza.
Anna Mazzei